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Dans ma Peau

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2007 15:03
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26/11/2007 15:03

di Marina De Van
DANS MA PEAU
di Marina De Van
(Francia, 2002)
con: Marina de Van, Laurent Lucas, Léa Brucker




TRAMA: Esther è una giovane executive la cui vita sembra essere giunta a un grande, positivo punto di svolta: sul posto di lavoro si prospettano ottime possibilità di carriera e nella sfera privata da qualche tempo ha una relazione con Vincent, un ragazzo premuroso che sembra amarla profondamente.
Durante una festa Esther, avventurandosi fuori dalla villa, si ferisce a una gamba ma se ne accorge solo molto più tardi, in qualche modo incapace di provare dolore per la ferita. L’evento innesca una serie di reazioni nella psiche della ragazza che comincia a provare un fascino per l’automutilazione, per la sua pelle e per il suo sangue.
In poco tempo Esther sprofonda in una spirale di follia che la spinge a chiudersi in casa, a interrompere ogni tipo di relazione con il mondo esterno fino al conseguente crollo psicologico che ha gravi ripercussioni anche sulla sua carriera…


CURIOSITA' E INFORMAZIONI: (...) La visione di Dans ma peau (In my skin) è una terrificante, disturbante boccata d’ossigeno.
Scritto, diretto e interpretato dall’ozoniana Marina de Van (Sotto la sabbia, 8 donne e un mistero), il film è una morbosa e mesmerizzante caduta negli inferi che, per chi come me ha conosciuto persone che sono passate attraverso questa esperienza, è ancora più disturbante.
La (per me) bellissima attrice mostra un talento non comune anche in fase di sceneggiatura e regia e sceglie di denudare la vicenda da ogni possibile sottotesto, tentativo di analisi psicologica o azzardi di riflessione sociologica, evita metafore e abbellimenti intellettuali e usa la camera come un coltello, indagando la vista, il tatto e il sapore delle proprie ferite, senza lasciare nulla fuori campo.

Questa tendenza può anche essere vista come il principale limite del film che non riesce a spingersi più in là della mera esposizione di fatti e qualcuno potrà lamentare l’assenza di una risoluzione o di un qualche tipo di ulteriore piano di lettura e della, in definitiva, autoindulgenza tipica di molti one man show (pardon, woman) dove l’autore pretende di controllare tutti gli aspetti dell’opera, ma di fronte alla potenza visionaria di alcune scene possiamo anche accettare determinati difetti.

Il cuore del film, la vera e propria scena madre è l’allucinata cena di lavoro nella quale Esther, stimolata sensorialmente a 360 gradi dall’ambiente circostante, si distacca letteralmente da se stessa e si tortura con una forchetta sotto il tavolo, senza farsi vedere dai colleghi e fuggendo quindi nella cantina del ristorante per completare l’opera, un tour de force lungo parecchi minuti che, senza motoseghe, trapani, occhi sgusciati e altre amenità riesce a generare molto più orrore, straniamento e disagio di quanto possano fare molti supposti talenti del genere horror.
Marina de Van ricorre a parecchi trucchetti e lavora molto bene sia con il sonoro che con un uso dello split screen finalmente funzionale alla narrazione e trova la giusta spalla in un Laurent Lucas (già ammirato nel seguente Calvaire) bravo a dar volto e corpo, con il suo Vincent, alla tipica reazione di fronte a eventi così fuori dalla normale comprensione. (...)

latelanera.com

COMMENTO PERSONALE: Di solito non mi faccio troppi problemi nel guardare un film, dal quale so già di aspettarmi sangue e perversione. Sapere che esistono film come questo, che ancora mettono alla prova i miei occhi (e tutta la zona basso-intestinale...), non può che farmi un immenso piacere, soprattutto se il film in questione è di tale splendida qualità. L'attrice\regista sa come stare sia davanti che dietro la macchina da presa, e lo sa fare molto bene, l'interpretazione di Esther è forse uno dei punti più alti toccati da un'attrice. Splendida fotografia e le ottime figure di contorno fanno il resto, un gioiello che non ha niente da invidiare a Cronenberg. Un piccolo grande film che però sconsiglio ai facilmente impressionabili.

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